Le aziende che occupano fino a 15 dipendenti e che intendano installare nei luoghi di lavoro un impianto di videosorveglianza hanno l’obbligo, sancito dall’art. 114 del D.Lvo N° 196/2003 che richiama l’art. 4 della Legge N° 300/1970, di munirsi di apposita autorizzazione all’installazione ed all’utilizzo dell’impianto, rilasciata dalla Direzione Territoriale del Lavoro (DTL) competente per territorio, previa presentazione di apposita istanza.
Secondo tale norma, nella fattispecie devono ricorrere esigenze organizzative e produttive ovvero di sicurezza del lavoro (da estendere anche al concetto di tutela del patrimonio). La richiesta va fatta, a cura del titolare dell’impianto, utilizzando (preferibilmente) l’apposito modulo messo a disposizione dalla DTL sul sito www.lavoro.gov.it accedendo al link Uffici Territoriali.
A conclusione delle relative valutazioni tecniche, effettuate sulla base della documentazione allegata all’istanza, l’Ufficio rilascia alla ditta il provvedimento di autorizzazione, individuando, nello stesso, opportune condizioni di utilizzo del sistema che hanno potere vincolante per l’azienda.
L’obbligo di cui sopra vige anche per le aziende che, occupando più di 15 dipendenti, siano sprovviste di rappresentanti sindacali aziendali (RSA o RSU) o che, pur avendoli, non hanno raggiunto un accordo sindacale con gli stessi per l’utilizzo dell’impianto di videosorveglianza. L’obbligo non vige per le aziende che non occupano dipendenti. In tutti i casi sopra esposti, il titolare dell’impianto, e quindi del trattamento dei dati, deve comunque ottemperare agli obblighi di informativa previsti dall’art. 13 del D.Lvo N° 196/2003.
No. Il consenso espresso dai lavoratori è materia privacy che riguarda l’applicazione degli artt. 23 e 24 del D.Lvo N° 196/2003. Esso non ha nulla a che fare con la procedura prevista dall’art. 4, comma 2, della Legge N° 300/1970, che indica nell’accordo con le rappresentanze sindacali aziendali, eventualmente presenti in azienda, la strada maestra per la legittimazione dell’impianto. La stessa procedura prevede inoltre che, in difetto di accordo, ricorra per il datore di lavoro l’obbligo di richiedere alla Direzione Territoriale del Lavoro il rilascio dell’apposita autorizzazione.
L’informativa consegnata ai dipendenti non è tra i documenti da allegare all’istanza.
La norma prevede l’attivazione della procedura art. 4, comma 2, della Legge N° 300/1970 non solo per l’utilizzo dell’impianto ma, ancor prima, per l’installazione. Pertanto si consiglia di presentare l’istanza dopo aver approntato un progetto di massima, evitando di procedere con l’installazione e calcolando un lasso di tempo che varia tra i 30 ed i 60 giorni, a partire dalla data della richiesta, per ottenere l’autorizzazione.
L’orientamento giurisprudenziale tende ad identificare come luoghi soggetti alla normativa in questione anche quelli esterni dove venga svolta attività lavorativa in modo saltuario o occasionale (ad es. zone di carico e scarico merci).
Sarebbero invece da escludere dall’applicazione della norma quelle zone esterne estranee alle pertinenze della ditta, come ad es. il suolo pubblico, anche se antistante alle zone di ingresso all’azienda.
L’autorizzazione, come pure l’accordo sindacale con le RSA, è lo strumento attraverso il quale si stabiliscono modalità di utilizzo di un sistema di controllo a distanza che, nel soddisfare le esigenze manifestate dall’azienda, sono comunque tese a preservare le libertà fondamentali e la dignità dei lavoratori occupati nei luoghi di lavoro.
No. La normativa si riferisce a qualsiasi tipo di attività, per l’effettuazione della quale venga occupato personale dipendente.
L’Ufficio preposto al rilascio dell’autorizzazione è la Direzione Territoriale del Lavoro competente per territorio nella provincia dove ha sede l’unità locale della ditta presso cui si intende installare l’impianto.
L’autorizzazione va riferita ad una singola sede aziendale presso la quale il sistema di controllo (videosorveglianza, geolocalizzazione ecc) venga installato. Pertanto il datore di lavoro deve presentare una istanza per ciascuna sede aziendale interessata.
Non sono previste altre spese.
Solo una delle due marche da bollo va applicata sull’istanza. L’altra deve essere allegata alla documentazione e verrà successivamente applicata sul provvedimento di autorizzazione al momento del rilascio.
Non è obbligatorio utilizzare il modello proposto dalla DTL, il quale ha solo una funzione di supporto alle aziende nella fase di presentazione della richiesta. Il datore di lavoro può pertanto approntare un modulo personalizzato che contenga, però, tutti gli elementi necessari per una adeguata valutazione dell’istanza.
Tale documentazione non necessita di attestati di certificazione, in quanto il datore di lavoro, nel sottoscrivere l’istanza, si assume la responsabilità della veridicità delle informazioni fornite. La relazione tecnica e le planimetrie, pertanto, possono essere preparate direttamente dal datore di lavoro.
No, in quanto vanno fatte da parte dell’Ufficio le opportune valutazioni tecniche ed, in alcuni casi (qualora si tratti di autorizzare sistemi complessi o quando le informazioni fornite dall’azienda risultino carenti sotto alcuni aspetti), è necessario procedere con l’effettuazione di un sopralluogo in azienda a cura del personale tecnico della DTL incaricato per la valutazione del caso.
L’autorizzazione mantiene la sua validità fintanto che nulla cambi nella configurazione dell’impianto installato, rispetto a quanto autorizzato. In tal senso si può affermare che l’autorizzazione non ha scadenza.
E’ però opportuno che, in caso di modifiche, il datore di lavoro comunichi alla DTL le variazioni che intende apportare all’impianto, affinché l’Ufficio abbia modo di intervenire sul provvedimento di autorizzazione già rilasciato con integrazioni o sostituzioni.
L’autorizzazione contiene informazioni:
Vi sono inoltre elencate alcune condizioni di utilizzo individuate dall’Ufficio al fine di:
Il mantenimento dell’impianto a circuito chiuso all’interno della sede aziendale è una delle condizioni più importanti cui si ricorre al fine di evitare che si possano liberamente visionare le immagini da postazione remota mediante l’impiego di PC, tablet o telefoni cellulari.
Si può derogare a tale divieto nel caso il datore di lavoro abbia affidato alle Forze dell’Ordine (Questura o Carabilineri), oppure ad un Istituto di Vigilanza privato, il servizio di videosorveglianza mediante collegamento dell’impianto con la centrale operativa di tali soggetti.
Anche il coinvolgimento del personale dipendente, nelle occasioni in cui sia necessario accedere alla visione od allo scarico delle immagini registrate, è una delle condizioni imprescindibili previste nell’autorizzazione. Tale coinvolgimento si garantisce, di fatto, prescrivendo la condivisione tra datore di lavoro e dipendenti della password di accesso alle registrazioni.
In merito al posizionamento ed all’orientamento delle telecamere, poi, si assicura che, ad eccezione dei locali aperti alla clientela, per i quali non sono previste particolari restrizioni, negli ambienti di lavoro non vengano inquadrate postazioni fisse o zone destinate alla esecuzione dell’attività lavorativa.
Sono ammesse invece telecamere che sorveglino porte, finestre o zone di passaggio come i corridoi.
Si. Nel caso il datore di lavoro, a fronte di un basso rischio di furti o rapine nelle fasce orarie di apertura della ditta, non ravvisi la necessità di mantenere in funzione l’impianto di videosorveglianza durante lo svolgimento dell’attività lavorativa, si può autorizzare l’attivazione dell’impianto solo ed esclusivamente nelle fasce orarie di chiusura, senza alcuna restrizione in relazione al controllo delle immagini da remoto.
L’autorizzazione viene intestata alla ditta che utilizza il sistema. Nel caso cambi la ragione sociale di tale ditta, il soggetto subentrante deve provvedere a richiedere, mediante istanza, il rilascio di una nuova autorizzazione, segnalando eventuali modifiche che venissero fatte sull’impianto.
Si. Nel caso specifico l’autorizzazione ha vigore solo nei periodi di occupazione di personale dipendente, mentre rimane sospesa nel resto dell’anno.
La norma ricorre ogni qualvolta si intenda utilizzare in ambienti lavorativi apparecchiature dalle quali possa scaturire un incidentale controllo a distanza dell’attività lavorativa.
In tal senso rientrano in tale ambito, ad esempio, anche:
No, a causa della necessità di presentare le marche da bollo.