” (…) predisposizione di un sistema idoneo a segnalare (nel corpo o nel margine) la sussistenza di un seguito o di uno sviluppo della notizia e quale esso sia stato (…), consentendone il rapido ed agevole accesso da parte degli utenti ai fini del relativo adeguato approfondimento», questo il nuovo obbligo a carico dei gestori di archivi e database di non facile gestione imposto dalla recente sentenza n°5525, del 5 aprile 2012 della Cassazione.
In sostanza: nel caso in cui la notizia di cronaca sia:
allora il «titolare dell’organo di informazione» deve provvedere a curarne anche la messa a disposizione della contestualizzazione e aggiornamento.
Fatti
Durante gli anni di Tangentopoli, un assessore di un comune dell’hinterland milanese veniva arrestato e in seguito prosciolto dalle accuse di corruzione. La notizia del suo arresto in data 22 aprile 1993 è tuttora riportata nell’archivio storico del Corriere della Sera all’indirizzo www.corriere.it
L’ex assessore si era così rivolto prima al Garante della privacy cui aveva chiesto il blocco dei dati personali che lo riguardavano contenuti nell’articolo “incriminato”, quindi al tribunale di Milano. Sia l’uno sia l’altro gli avevano dato torto.
L’intervento della Cassazione
La Cassazione cancellava la sentenza del tribunale milanese. La Corte pur prendendo atto che:
argomenta che la notizia, proprio perché vera in un determinato contesto temporale, ha bisogno di essere aggiornata, in questo caso con la conclusione del procedimento giudiziario che condusse all’arresto:
«Così come la rettifica è finalizzata a restaurare l’ordine del sistema informativo alterato dalla notizia non vera (che non produce nessuna nuova informazione), del pari l’integrazione e l’aggiornamento sono invero volti a ripristinare l’ordine del sistema alterato dalla notizia (storicamente o altrimenti) parziale».
Che fare, dunque?
Il Titolare del trattamento (in questo caso la società editoriale) deve pertanto provvedere all’aggiornamento delle informazioni attraverso la
All’aggiornamento deve provvedere il titolare dell’archivio e non il motore di ricerca perché quest’ultimo è, nella lettura della Corte, un semplice intermediario telematico “che offre un sistema automatico di reperimento di dati e informazioni attraverso parole chiave“.